18 novembre 2020

DNA ambientale: una nuova era per il monitoraggio della biodiversità marina?

Una recente pubblicazione scientifica, pubblicata nel novembre 2020 sulla rivista internazionale Environmental DNA, mette a confronto due tecniche utilizzate per valutare la biodiversità marina: il classico censimento visivo durante le immersioni e lo studio del DNA ambientale, una tecnica emergente in questo campo.

Lo studio, sostenuto da Explorations de Monaco, si concentra sul conteggio del numero di specie di pesci della barriera corallina tropicale ed è stato condotto in due siti marini colombiani.
I risultati fanno parte di un vasto programma di ricerca internazionale: il progetto Megafaune, avviato dai ricercatori dell’Unità di Ricerca Congiunta MARBEC (MARine Biodiversity, Exploitation and Conservation), che mira a produrre un inventario esaustivo della biodiversità marina in numerosi siti in tutto il mondo.
Si tratta di una ricerca per la quale c’è ancora un enorme bisogno di conoscenza, visti i fattori sconosciuti e le attuali sfide ambientali in termini di sviluppo sostenibile e gestione dei mari e degli oceani.

Scienziati che allestiscono una rete temporanea per prelevare campioni biologici da diverse specie di pesci per arricchire la base genetica di riferimento - Santa Marta, Colombia © O. Borde Monaco Explorations

Un team multidisciplinare

Gli autori di questa pubblicazione provengono da ambienti diversi, tra cui Andrea Polanco, ricercatrice presso l’Istituto di Ricerca Marina e Costiera, INVEMAR, in Colombia; Virginie Marques, dottoranda presso l’Università di Montpellier; Loic Pellissier, professore di ecologia presso il Politecnico di Zurigo, in Svizzera; Stéphanie Manel, direttrice degli studi presso l’École Pratique des Hautes Études nell’unità di ricerca CEFE con sede a Montpellier, Francia; Camille Albouy, ricercatrice presso l’IFREMER Centre Atlantique (Nantes); Tony Dejean, direttore dell’azienda SPYGEN di Aix-les-Bains; Régis Hocdé dell’Institut de Recherche pour le Développement e David Mouillot, professore dell’Università di Montpellier, entrambi con sede nell’unità di ricerca MARBEC.
Dimostrano che la tecnica del DNA ambientale è uno strumento rivoluzionario per censire in modo esaustivo e rapido i pesci presenti in un sistema complesso come una barriera corallina.

Il loro studio si è concentrato su due barriere coralline della costa atlantica colombiana: Providencia e Gayraca Bay.
Le indagini visive vengono effettuate regolarmente dal 1999 e i campioni di DNA ambientale sono stati prelevati durante due missioni di Monaco Explorations nel 2018.
Grazie a questa tecnica, filtrando l’acqua, sono state identificate più di cento specie diverse di pesci senza alcun disturbo.
Questi risultati sono la prova di un alto livello di biodiversità che raramente viene registrato dalle immersioni o dalle telecamere.
Consentono ai gestori di questi due siti di incoraggiare le autorità pubbliche a proteggere queste aree ricche, ancora brulicanti di vita, che devono essere monitorate nel tempo a fronte del cambiamento globale.

Tuttavia, questo lavoro evidenzia i limiti di questo metodo di censimento e la necessità di continuare ad arricchire i database genetici di riferimento in modo da poter essere sempre più precisi nell’assegnare le specie a tutti i frammenti di DNA raccolti tramite filtrazione.

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Un oceano minacciato dal cambiamento globale

La biodiversità degli oceani è in pericolo.
Sotto pressione a causa di una serie di sostanze inquinanti prodotte dall’uomo, come i rifiuti plastici e gli effluenti industriali, il mondo sottomarino è anche soggetto all’eccessivo sfruttamento delle risorse da parte della pesca e delle trivellazioni in profondità per la ricerca di petrolio.
Tutti questi fattori stanno minando un ecosistema complesso in cui la diversità delle specie sta diminuendo drasticamente.
Questo crollo sta mettendo in pericolo un’intera serie di forme di vita da cui la razza umana è interdipendente.

Diversi gruppi di scienziati specializzati in biologia marina stanno lavorando in particolare per fare un inventario più esaustivo, non distruttivo e affidabile di questa biodiversità, al fine di studiarla finché siamo in tempo.
In questo modo, ci segnalano lo stato di salute di un ambiente che, a loro avviso, si sta deteriorando rapidamente.
L’obiettivo, al di là della ricerca, è quello di offrire spunti di riflessione per trovare soluzioni di conservazione compatibili con la gestione e lo sviluppo sostenibile.

Barriere coralline: hotspot di biodiversità difficili da studiare

Le barriere coralline, vecchie di milioni di anni, sono tra gli ecosistemi marini più diversi del pianeta e tra i più minacciati: per questo motivo devono essere esplorate e monitorate.
Grazie alla loro complessità strutturale, ospitano una vastissima gamma di specie, dalle piccole castagnole alle grandi specie migratorie come mante e squali.
A causa di questa elevata diversità, la vita presente sulle barriere coralline è sempre stata molto difficile da inventariare con i metodi tradizionali.
Di solito, la tecnica più utilizzata è il censimento visivo subacqueo (UVC), in cui i sommozzatori scientifici effettuano conteggi in immersione seguendo un protocollo di studio molto preciso, limitato nello spazio e nel tempo.

Barriere coralline - Santa Marta, Colombia © O. Borde Monaco Explorations.

Il DNA ambientale: una nuova era per il censimento

Da una decina d’anni è possibile identificare le specie grazie a una tecnica innovativa: lo studio del DNA ambientale.
Questo metodo si basa sul fatto che tutti gli esseri viventi lasciano tracce di DNA nel loro ambiente, ad esempio attraverso gli escrementi, il sangue o la perdita di pelle.
Per studiare il mondo marino, è quindi possibile prelevare campioni d’acqua a qualsiasi profondità, filtrarli e isolare il DNA presente utilizzando tecniche di biologia molecolare.

Per poter procedere all’identificazione tassonomica, gli scienziati confrontano le sequenze di DNA trovate con sequenze già note e referenziate per specie in database condivisi.

Risultati incoraggianti

Sulla base di questo studio condotto nelle acque colombiane, i ricercatori hanno potuto confrontare i risultati di diversi anni di censimenti visivi (tra il 1999 e il 2017) con i risultati dello studio del DNA ambientale proveniente da campioni d’acqua prelevati negli stessi siti nel 2018.

A Providencia sono state contate 113 specie con la tecnica visiva e il 31% di queste sono state trovate con il DNA ambientale.
A Gayraca sono state contate 57 specie con la tecnica visiva e il 28% è stato individuato con il DNA.
D’altra parte, in entrambe le località, l’analisi del DNA ambientale ha portato all’identificazione di nuove specie che non erano state rilevate con le tecniche visive, 72 a Providencia e 85 a Gayraca.

Ampliare il database di riferimento: una necessità per il futuro del DNA ambientale

La tecnica del DNA ambientale è in uso da circa dieci anni, ma per sfruttare appieno le sue potenzialità è necessario completare il database utilizzato per la referenziazione genetica delle specie.
Infatti, solo prelevando un campione biologico, come un piccolo pezzo di pinna, è possibile sequenziare il DNA specifico di un individuo e quindi rintracciarlo successivamente nell’acqua.
Attualmente, solo il 16% delle specie ittiche è referenziato, il che spiega in gran parte le differenze tra il censimento visivo e lo studio del DNA.
Resta da fare un enorme lavoro di raccolta dati e di sequenziamento.
Oltre ai team di scienziati, è possibile mobilitare diverse comunità, come i pescatori e la rete internazionale di acquari, per effettuare questo campionamento.

Pesce pietra - Santa Marta, Colombia © O. Borde Monaco Explorations.

Providencia e la Baia di Gayraca: aree poco conosciute che necessitano di protezione

Situata nel Mar dei Caraibi sud-occidentale, al largo della costa della Colombia, l’Isola di Providencia fa parte della Rete Mondiale delle Riserve della Biosfera dell’UNESCO (Riserva della Biosfera di Seaflower).
Di origine vulcanica, una grande barriera corallina circonda l’isola, proteggendola dai capricci del clima.
La Baia di Gayraca si trova nel Parco Nazionale Tayrona, lungo la Sierra Nevada de Santa Marta.
La costa è composta da diversi tipi di roccia che formano baie e isolotti.
Le barriere coralline sono distribuite lungo la costa in un ambiente molto vario, con paludi di mangrovie e praterie di posidonia.

Adiacente ad aree terrestri relativamente conosciute e protette, i fondali dell’Isola di Providencia e della Baia di Gayraca sono stati identificati come importanti in termini di biodiversità, il che giustifica uno studio più approfondito per adattare le misure di protezione.

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